“Arcano è tutto, fuor che il nostro dolor" Giacomo Leopardi

domenica 30 dicembre 2007

Sepolto vissuto


Ho strappato arcobaleni di fiori
piantando croci di legno in un terreno gelido
Ho osservato nel lutto,
mazzi di viole avvolti in veli trasparenti ,
posarsi su grigi marmi.


Lenta è la marcia che conduce le mie spoglie
in oscuri sentieri impregnati di difformi odori.
Stanche pieghe nascondono ancora,
sorrisi e misteri di menti abbandonate ai mestieri.

Posando il viso su quel marmo caldo
Ho lasciato agitare petali di rose in un vortice di vento;
annaffiandoli di lacrime
Li ho cosparsi degli ori trafitti nel mio petto
Cercando e riscoprendo pensieri e ricordi
Traditi , vissuti,
trasformati dal vento.

è in seno a quel tempio che riposi , ancora.
Nelle nude sembianze che tagliente assume
questo grido di dolore,
lascia che le mani stringano,
ancora lame taglienti.

Graffiando il cielo si confonde nel tempo
questo battito nero.
Nero come il lutto di un consorte
travolto da un destino avverso
Che tra le braccia cullava
la mite innocenza di quel corpo tradito
La codardia della tristezza è che è muta
La codardia dell’ indifferenza è che è sorda

Non può bastare un ricordo a strappare un velo di amarezza
Non può bastare un nuovo battito a sopprimere un emozione

Il piacere della giovinezza è che cambia
La tenerezza dei rimpianti è che ti cambiano

ho provato a soffocarti stringendo anonimi visi ,
a sotterrarti costruendo anfiteatri di pensieri,
ed è recitando sorrisi e sentimenti
che sono arrivato qui
Ma sei risorto ancora , e risorgerai, ancora.

Senza forza alcuna mi abbandono a te
E ti rincorro ora , mentre lento ed elegante
disperdendo sangue dal viso
ti rivolgi alla luna
e sorridendo, grato,
custodisci ancora una parte di me.

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